lunedì 25 giugno 2012

...

Una voce ed un cuore ...



 Lasciali dire che al mondo
quelli come te perderanno sempre
perchè hai già vinto, lo giuro,
e non ti possono fare più niente.
Passa ogni tanto la mano
su un viso di donna, passaci le dita,
nessun regno è più grande
di questa piccola cosa che è la vita
.





E tu? Tu cosa vuoi dire? :)

Un paio di mani ed un cuore,





















questo è ciò che riescono a realizzare. 

E tu? Tu cosa sai fare? :)


charms in fimo realizzati da Angela Finocchiaro

martedì 19 giugno 2012

Corri incontro alla speranza. Corri, lotta affinchè quello che speri si realizzi. Non bisogna mai mollare o gettare la spugna.

Stefania Spitale

...


La scintilla divina dell'uomo
 è quell'indole romantica 
che gli riserva il privilegio 
di chiamare stella 
un puntino bianco nel cielo 
e di trovarvi qualcosa di magico.        
                                                             
                  
                                   Gabriele Pulvirenti

Facebook- il mascherato bisogno di fuggire il vuoto

Di norma aborrisco le posizioni radicali, gli assoluti. Ma oggi voglio divertirmi a costruire una posizione radicale su un argomento tanto alla portata di tutti da sembrare naturale, scontato.
-Che cos'è facebook? Questa è la domanda. -Che cos'è facebook per ciascuno di noi?
Facebook è, in fondo, un intrattenimento che riempie i buchi della giornata; ci rifugiamo su facebook quando non pensiamo di avere qualcosa di urgente da fare, quando siamo svogliati. Esso riempie quelle parti del giorno che altrimenti rimarrebbero bianche nel nostro immaginario. Una calamita anti-noia che ci attira come il cibo. Ne abbiamo bisogno, è un'interfaccia con il mondo, che ci tiene vivi e ci fa sapere che esiste qualcun altro nel mondo, e che continua ad esistere anche quando è lontano da noi e che soprattutto è sempre a nostra disposizione, sempre pronto a distrarci. 
Ma questo bisogno degli altri non è genuino, in quanto molto più simile a un bisogno di distrazione, bisogno di resettare il sistema per dimenticarsi del resto. Il bisogno degli altri, di altre persone, vive e presenti, viene storpiato e diventa bisogno di uno schermo, di una tastiera su cui battere nervosamente, un mouse da dirigere dove si vuole, da dominare, da possedere.
Facebook è un indispensabile possesso per persone vuote: vuote di interessi, vuote di entusiasmi da cui lasciarsi trasportare verso fonti di vita più umane, verso esperienze dirette. Facebook è il prodotto di una civiltà della maschera, in cui pur di non guardare negli occhi una persona, le si cancella il viso, riducendola a uno schermo, e frapponendovi un filtro, una protezione. Una protezione dal contatto umano da cui temiamo di essere feriti e di cui non ci sentiamo all'altezza.
Quando sono di fronte a facebook cos'è che ho, cos'è che mi manca? Mi mancano interessi, mi manca il calore delle singole persone. In compenso ho un'accozzaglia di voci, soffocate in fastidiosi bip di messaggi telegrafici, privi di emozioni, privi di rabbia, di pianto, di sorrisi. Tutto si riduce a una comunicazione stilizzata e defraudata del sentimento, dell'intesa, del contatto umano.
Gabriele Pulvirenti

venerdì 15 giugno 2012

murales;


 


Da un semplice profilo ad un capolavoro: parole d’ordine perseveranzapassione.
Sottile è d’altronde il confine tra passione e perseveranza. La passione è perseveranza, e la perseveranza non esiste se non mossa dalla passione.
Prima un profilo, poi una linea, poi l’universo è esploso.
Siamo rimasti là a scorgere i profili, e ci siamo stupiti: un’unica linea ha unito uomini, animali, alberi, note musicali. E chissà quante cose scorgeremo ancora, quando per caso o per volontà c’imbatteremo di nuovo di fronte al murales.

E chissà quanta gente ci abbiamo già visto e ci vedremo, chissà quale titolo abbiamo dato a quel libro, e quale nome abbiamo dato all’universo che ci scoppia dentro, a quel fuoco artificiale polvere da sparo.
Ci siamo chiesti, che significato avrà? Ed abbiamo cercato una risposta.
Ci siamo accontentati di ammirarlo, abbiamo chiesto spiegazioni.
(…)
Quel murales non è pura astrazione, non è un caso, è una risposta.
Ecco che il talento varca la soglia della genialità: il talento produce arte, la genialità impernia l’arte di un fine che va oltre il godimento immediato.

È una  risposta.

La risposta alla domanda. Quella che ci saremo posti un po’ tutti, quella che ci accomuna … A che diamine serve il classico?

Ecco che il murales è risposta, risposta e segreto.
Ed io vi svelo il segreto che c’ho nascosto dentro, vi svelo la mia risposta.
Mi fido. :3

Noi abbiamo gli occhi verdi, verde speranza.
Noi nel futuro ci crediamo e per questo abbiamo scelto il classico. Noi crediamo ancora. Non tutti sappiamo di preciso in cosa, ma crediamo.

Il classico è la linea: dal greco al latino, dal latino a tutte le altre letterature.
Nel corso della storia, una ed unica, diverse lingue hanno descritto sempre le stesse immagini, le stesse emozioni, le stesse paure, i conseguenti tremori, le stesse passioni, i conseguenti tremori.
(Dannazione, quanto tremiamo.)
Non credete all’idiozia di chi vi dice che una lingua è morta, e che per questo non vale la pena studiarla. Tutte le lingue periranno... fosse solo la lingua a morire.
La lingua è linguaggio, la lingua è un velo.
Traduciamo, o facciamo tradurre, solo per scoprire questo velo.
La lingua è solo un segno distintivo, un’altra, una propria identità.
Un linguaggio con cui condividersi.
Le lingue muoiono, come la gente, ma l’umanità che si nasconde dietro ad una lingua, quella non muore.
L’umanità è quella che il classico ci porta a scoprire.
L’umanità è amore, è l’amore di Saffo, è l’inquietudine, l’inquietudine d’Orazio o di un Foscolo, è utopia, l’utopia di un Machiavelli, è la disillusione, la disillusione di Baudelaire.
L’umanità è una realtà eterna, mentre l’uomo è una realtà fugace.
È quando ci affacciamo sull’eternità, che diventiamo parte integrante di un tutto, che non tramonta mai.
E l’universo esplode.
Ci esplode dentro.
Ci esplodono dentro mondi distanti anni luce, distanti secoli, distanti chilometri, distanti civiltà. Ci sentiamo umani, uomini che sono sempre vissuti, che hanno sempre vissuto delle stesse cose.

Questo è il segreto del classico: non tanto la traduzione di un ως , che di solito è affidata al caso, ma la traduzione di sogni, storie, emozioni ed idee che si sono eternate attraverso gli ως.
E che in qualche modo eterneranno anche noi.
È un valicare la soglia del tempo, dello spazio, delle età.
Entrare a far parte di un aetas senza tempo, liberarci dei nostri limiti, scoprirli mere fantasie.
I limiti che siamo noi ad imporci: soltanto garanzie.
I " non posso" che ci difendono da ogni biasimo quando decidiamo di non spingerci più oltre.
I limiti che l'esistenza c'impone, i limiti reali, sono delle prove: gli uomini sui nostri libri le hanno sostenute e le hanno superate lasciando un eterna traccia della loro vita fugace. Lasciando un ricordo.


E grazie Laura, per il tuo ricordo.
Riguarderemo il tuo murales, il vostro murales, nei prossimi anni e magari ci sorprenderemo ancora.
Magari capiremo, se non l’abbiamo già fatto, magari ci scorgeremo dentro altre cose, che ora non riusciamo a vedere.
 Spero che tu possa continuare a lasciare traccia del tuo passaggio, che tu possa continuare a firmare con le tue pennellate, la tua storia. Lo auguro a te, che credi nell’arte e con l’arte ti firmi,come a tutti gli altri, che in qualcosa pur crederanno, e che con questo qualcosa, proseguendo nel loro cammino, lasceranno le loro impronte.
Grazie per essere stata parte della nostra storia.


“È una ragazza che si approccia alle materie umanistiche, filosofia, o letteratura ad esempio. Studiando, si affaccia sull’universo: tante cose diverse legate tutte da uno stesso filo, che imprescindibilmente la lega al mondo”. - Laura Percolla.


Chiara Carastro; foto di Luisa Flannery e Alessandra Sorbello;

C'ero una volta io


C’ero una volta io, ma non andava bene. Mi capitava di incontrare gente per strada e di scambiarci due parole, e per un po’ la conversazione era simpatica e calorosa, ma arrivava sempre il momento in cui mi si chiedeva “Chi sei?” e io rispondevo “Sono io”, e non andava bene. Era vero, perché io sono io, è la cosa che sono di più, e se devo dire chi sono non riesco a pensare a niente di meglio. Eppure non andava bene lo stesso: l’altro faceva uno sguardo imbarazzato e si allontanava il più presto possibile. Oppure chiamavo qualcuno al telefono e gli dicevo “Sono io”, ed era vero, e non c’era un modo migliore, più completo, più giusto di dirgli chi ero, ma l’altro imprecava o si metteva a ridere e poi riagganciava. 

Così mi sono dovuto adattare. Prima di tutto mi sono dato un nome, e se adesso mi si chiede chi sono rispondo: “Giovanni Spadoni”. Non è un granché, come risposta: se mi si chiedesse chi è Giovanni Spadoni probabilmente direi che sono io. Ma, chissà perché, dire che sono Giovanni Spadoni funziona meglio. Funziona tanto bene che nessuno mai mi chiede chi è Giovanni Spadoni: si comportano tutti come se lo sapessero.
Invece di chiedermi chi è Giovanni Spadoni gli altri mi chiedono dove e quando sono nato, dove abito, chi erano mio padre e mia madre. Io gli rispondo e loro sono contenti. E forse sono contenti perché credono che io sia quello che è nato nel posto tale e abita nel posto talaltro, e che è figlio di Tizio e di Caia e padre di questo e di quello. Il che non è vero, ovviamente: non c’è niente di speciale nel posto tale o talaltro, o in Tizio o in Caia. Se fossi nato altrove, in un’altra famiglia, sarei ancora lo stesso, sarei sempre io: è questa la cosa che sono di più, la cosa più vera e più giusta che sono. Ma questa cosa non interessa a nessuno: gli interessa dell’altro, e quando lo sanno sono contenti.

Una volta c’ero io, e non andava bene. Adesso c’è Giovanni Spadoni, che è nato a X e vive a Y e così via. E io non sono niente di tutto questo, ma le cose vanno benissimo.


- suggerita da Agnese Reitano; 

giovedì 14 giugno 2012

mercoledì 13 giugno 2012



Ci han concesso solo una vita, soddisfatti o no qua non rimborsano mai.
E calendari a chiederci se stiamo prendendo abbastanza, abbastanza.
Se per ogni sbaglio avessi mille lire, che vecchiaia che passerei ...
Strade troppo strette e diritte,
per chi vuol cambiar rotta oppure sdraiarsi un po' .
Che andare va bene però, 
a volte serve un motivo, un motivo.
Certi giorni ci chiediamo è tutto qui?
E la risposta è sempre sì.
Non è tempo per noi che non ci svegliamo mai, 
abbiam sogni però troppo grandi e belli sai.
Belli o brutti abbiam facce che però non cambian mai,
non è tempo per noi e forse non lo sarà mai.
Se un bel giorno passi di qua,
lasciati amare e poi scordati svelta di me,
che quel giorno è già buono per amare qualchedun'altro
qualche altro,
dicono che noi ci stiamo buttando via
ma siam bravi a raccoglierci.

Non è tempo per noi che non ci adeguiamo mai.
Fuorimoda, fuoriposto, insomma sempre fuori dai.
Abbiam donne pazienti rassegnate ai nostri guai,
Non è tempo per noi e forse non lo sarà mai.
Non è tempo per noi che non vestiamo come voi:
non ridiamo, non piangiamo, non amiamo come voi.
Forse ingenui o testardi ,poco furbi casomai.
Non è tempo per noi e forse non lo sarà mai.


01/06/2012 - giornata della creatività


venerdì 8 giugno 2012

Il pescatore sindaco



Sicuramente pochi avranno sentito parlare dell'uomo della "storia" che voglio raccontare oggi, e solo di recente. Anche perché i mass media preferiscono informare sulla vita privata di Belen Rodriguez o di quella di Berlusconi. Perché in fondo a chi interesserebbe sentire la vicenda di uno strano pescatore che poteva tranquillamente accettare l'abusivismo e la sporcizia del suo paese, ma ha deciso di candidarsi alle elezioni comunali e fare qualcosa?A chi piacerebbe mai una storia che termina con nove proiettili mortali e non con il solito "felici e contenti"? Ecco. Io invece oggi voglio prestare la mia piccola voce a questa "strana storia". Angelo Vassallo era un semplice pescatore. La mattina presto, prima dell'alba, partiva per andare a pescare e tornava a casa la sera, stremato, dove la moglie e i figli Antonio e Giusi lo aspettavano. Così procedeva la sua vita: con tranquillità, un umile lavoro, soddisfazioni da parte della famiglia. E chissà, magari la sera trovava pure il tempo di raccontare una favola ai figli, o di una birra con gli amici. Una domenica Angelo si affaccia alla finestra, richiamato da uno strano rumore. Non era ancora sorto il sole e la strada era piena di bottiglie, cartacce, ecc. che rotolavano spinte dal vento. Dopo aver caricato tutta la spazzatura sul furgone, Angelo si avvia insieme al fratello alla discarica comunale. Chiede indicazioni su dove e a chi rivolgersi, ma gli viene suggerito solo di gettare la "roba" in mare, perché in fondo è quella la discarica. Deciso a non inquinarlo e offeso dall'oltraggio che la città riservava al mare da troppo tempo guida fino alla discarica di un comune vicino. Solo che scopre che essa non è altro che un buco scavato per terra. Angelo decide che non è giusto, ma non resta fermo a guardare e criticare: si candida alle elezioni comunali e le vince. Comincia così il suo lavoro da sindaco, attento ai minimi particolari, al "dettaglio".
Come ad esempio un posacenere sopra ogni panchina e una multa a chiunque getti la sigaretta per terra. Un gesto piccolo, ma i marciapiedi cominciano ad essere più puliti. Oppure dispone in ogni balcone dei gerani colorati. Un gesto banale, è vero, ma le case diventano più accoglienti.
Così la città, pian piano, comincia a diventare più pulita. Stop all'abusivismo, stop all'inquinamento.
Angelo non tollerava speculazioni, controllava spesso e personalmente che i depuratori funzionassero, denunciava possibili anomalie nelle aste giudiziarie, non esitava ad allontanare gli spacciatori dalle spiagge, faceva abbattere ogni costruzione abusiva.
Queste "nuove regole" però non furono accettate da chi preferiva costruire abusivamente per sviluppare il turismo e prendere soldi, o continuare a servirsi del porto per controllare il traffico di droga. Non furono accettate da chi cominciò a vedere Angelo come un ostacolo.
Forse nella città di Pollaca i cittadini si erano disabituati ad avere come rappresentante una persona che promette e mantiene ciò che dice. E magari Angelo era diventato sindaco proprio per questo, perché tanto uno valeva l'altro. Soltanto che per molti era solo un intralcio. E gli intralci vanno eliminati.
La sera del 6 Settembre 2010. Una sera come tante altre, Angelo Vassallo stava tornando a casa. Una macchina parcheggiata. Angelo si affaccia dal finestrino dell'auto, pone una domanda, ma avrà come risposta solo nove colpi di pistola.

Michela Lovato

martedì 5 giugno 2012

La “Roma ladrona” sotto casa

"I partiti non sono il regno del male, del calcolo particolaristico e della corruzione. Guai a fare di tutta l'erba un fascio, a demonizzarli, a rifiutare la politica". Così il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano risponde alle polemiche seguite agli episodi di cattiva gestione del denaro pubblico da parte dei partiti. L’indignazione cresce inevitabilmente, così come la sfiducia nella politica; e c’è chi ,cercando di cavalcare l’onda dell’antipolitica, spirito sempre più infuso negli animi degli italiani, tenta con cinica demagogia di accaparrarsi voti ,parlando alla pancia dell’italiano medio:  basta più finanziamenti ai partiti! i Parlamentari non dovrebbero prendere nemmeno una lira!. Perlopiù sono frasi alimentate dalla cattiva politica, che di certo non aiutano a migliorare l'immagine, che si sono creati i partiti in Italia. Addossare tutte le colpe solo ed esclusivamente ai partiti politici non è però, né costruttivo né sensato;  senza tener conto che,  la Costituzione italiana conferisce ai partiti un ruolo fondamentale nel "concorrere in modo democratico a determinare la politica nazionale" ( art.49).  Non nascondiamoci dietro al luogo comune qualunquista: di certo la matrice di tutti i problemi non sta solo a "Roma ladrona", né al  Pirellone , che in un certo senso fungono da cassa di risonanza di un cancro clientelare, che investe ogni zona del Bel Paese. Il partito è un’associazione di uomini e in quanto tale non perfetta; è qualcosa di astratto, il vero problema è l’uomo. Per carità, anche i recenti eventi nazionali hanno una loro rilevanza,  ma ci sono tante altre realtà più piccole, altrettanto gravi (spesso omesse dai media) che, se sommate ,ci danno l’idea del degrado morale cui siamo caduti.  Gli enti locali (ahimè in primis quelli nostrani) sono il chiaro esempio di uno sperpero di denaro pubblico più unico che raro nelle democrazie occidentali e non. Insomma, non ci dobbiamo stupire più di tanto, se l'Italia compare in cima alle classifiche che misurano in linea approssimativa il tasso di corruzione nei vari stati, battendo paesi del calibro di Ghana, Ruanda, Slovacchia,  Botswana, Bhutan e Capo Verde. Tornando a noi, mi ha incuriosito una pratica ormai diffusa, aiutata da una legge alquanto discutibile, che fa un po’ da exemplum a ciò che è stato detto: non tutti sanno che c'è una legge regionale (comma V art.20 della legge Regionale 23 dicembre 2000. n.30), che prevede che i componenti organi elettivi hanno diritto ad assentarsi dalle aziende presso cui lavorano, per svolgere le loro funzioni pubbliche.  In questo caso, l’ente pubblico di appartenenza deve rimborsare le aziende.  Fin qui tutto normale, però in taluni casi si presentano degli "eccessi" di cui la Provincia di Catania è protagonista indiscussa. Andiamo con ordine facendo qualche esempio:
 •             Il consigliere del MPA, Nunzio Parrinello,( arrestato l’anno scorso nell’ambito dello scandalo Servizi Sociali al comune di Catania), risulta dipendente di una società cooperativa, la Luigi Sturzo Onlus, che per i mesi di settembre e ottobre 2011 ha chiesto alla provincia di rimborsarle la somma di 6.524,83 euro. Una media di 3000 euro niente male.
 •             Per  assenze del consigliere e capogruppo del PDL, Gianluca Cannavò , la cooperativa  Euroservizi di Acireale,  ha richiesto ben 6.198 euro per dicembre 2011 e 6.508 euro per ciascuno dei mesi di gennaio e febbraio 2012. Peccato che il presidente della cooperativa è il consigliere stesso e la pratica continua da dicembre 2008, con una media di 6.500 euro al mese.( Qualcuno mi spieghi come si possono accumulare 6.500 euro di assenza, per svolgere l'attività di consigliere provinciale, non di senatore della Repubblica )
•             Per Rizzo Antonio,del PD, la provincia ha dovuto rimborsare al suo datore di lavoro, l’impresa edile Basile geom. Paolo di Gravina, la bellezza di 6.403 euro per il solo mese di gennaio 2012.
•             La ditta Licciardello Insurance di Licciardello Orazio sas si accontenta di 1.806 euro per le assenze    Maurizio Tagliaferro  del dicembre 2011 e di 2.145 euro per gennaio 2012

•     Il consigliere Giuseppe Mistretta de La Destra lavora per la ditta Isola Verde di Mineo che per i mesi di novembre e dicembre 2011 ha chiesto il rimborso di 4.636 euro.

Questi sono solo alcuni esempi , che rientrano nei 283.000 euro complessivi, che la Provincia si è impegnata a spendere solo nel 2011 per i rimborsi alle ditte ,presso cui lavorano 10 consiglieri provinciali. Questi 283000 euro si aggiungono alle varie indennità e gettoni di presenza, che ipotizzo, visti i rimborsi per le assenze, siano alquanto sostanziosi (ricordo la storica seduta provinciale con 20 assenze su 45 consiglieri quando si doveva approvare il bilancio del 2011). Inoltre, se questo tipo di "pratica" prenderà strada, i privati avranno ancora più interessi nel “piazzare” i loro uomini all’interno delle istituzioni politiche e soprattutto saranno sempre più indotti ad assumere i consiglieri, tanto il loro stipendio lo paga la provincia!. Problema ancor più grave, è quando i consiglieri provinciali stessi  fanno parte direttamente del consiglio di amministrazione delle cooperative rimborsate, come nel caso elencato prima. Non c'è poi da stupirsi di certe campagne elettorali faraoniche, in cui si spendono migliaia e migliaia di euro (chi se lo può permettere): non sono altro che grandi investimenti, che ripagano nel tempo. Ho voluto riportare questo genere di "rimborsi”, una truffa bella e buona a carico di noi cittadini-contribuenti, perché reputo che abbiamo il dovere di fare delle distinzioni all’interno di questa giungla burocratica, dove si è persa la misura del bene comune di fronte alla ricerca spasmodica  del cavillo giudiziario per poter curare l'interesse personale.  Credo che, chi svolge un ruolo pubblico ,debba essere pagato , così da poter compensare l’abbandono temporaneo del proprio lavoro da privato cittadino. Sono da condannare gli abusi e gli eccessi, come in questo caso.  Se vogliamo evitare che la politica la facciano solo chi se lo può permettere economicamente, non dobbiamo cadere nel qualunquismo. Ogni  cosa ha un prezzo, anche la democrazia, sta a noi però darle il valore che merita.


Ringrazio il sito internet SudPress.it per il materiale delle determinazioni dirigenziali provinciali,