domenica 27 novembre 2011

Se . . .

Se riesci a mantenere la calma quando tutti attorno a te
la stanno perdendo e danno la colpa a te;

Se sai aver fiducia in te stesso quando tutti dubitano di te,
tenendo però nel giusto conto i loro dubbi;
Se sai aspettare senza stancarti di aspettare,
o essendo calunniato non rispondere con calunnie,
o essendo odiato non dare spazio all'odio senza tuttavia sembrare troppo buono,
nè parlare troppo da saggio;
Se sai sognare senza fare dei sogni i tuoi padroni;
Se riesci a pensare senza fare dei pensieri il tuo fine;
Se sai incontrarti con il successo e la sconfitta e
trattare questi due impostori proprio allo stesso modo;
Se riesci a sopportare di sentire la verità che tu hai detto,
distorta da imbroglioni che ne fanno una trappola per ingenui;
o guardare le cose, per le quali hai dato la
vita, distrutte e umiliarti a ricostruirle con i tuoi
strumenti ormai logori;
Se sai fare un'unica pila delle tue vittorie e rischiarlain un solo colpo a testa o croce e perdere, e
ricominciare di nuovo dall'inizio senza mai lasciarti
sfuggire una parola su quello che hai perso;
Se sai costringere il tuo cuore, i tuoi nervi, i tuoi
polsi a sorreggerti anche dopo molto tempo che non te li
senti più e così a resistere quando in te non c'è più
nulla tranne la volontà che dice loro: "Resistete!"

Se sai parlare con i disonesti senza perdere la tua
onestà o passeggiare con i re senza perdere il comportamento normale;
Se non possono ferirti né i nemici, né gli amici affettuosi;
Se per te contano tutti gli uomini, ma nessuno troppo;
Se riesci a riempire l'inesorabile minuto dando valore ad ogni istante che passa,
tua è la Terra e tutto ciò che vi è in essa, e - quello che più conta -
tu sarai un uomo, figlio mio!


 R. Kipling

Stappa la felicità

Nel lontano 1886 un Farmacista di Atlanta, John Pemberton, inventò la formula di una bevanda deliziosa e rinfrescante, che chiamò CocaCola. Fu subito un gran successo.
Molti anni dopo, da un'altra parte del mondo, i sindacalisti colombiani della Sinaltrainal si battevano per il rispetto dei diritti umani, apertamente violati all'interno degli stabilimenti Coca Cola. Qui i lavoratori precari ricevevano salari al di sotto dei minimi prevesti dalla legge (375.000 Pesos, circa 125 Euro al mese) a fronte di dodici ore di lavoro giornaliere.
Chi cercava di difendere i propri diritti, iscrivendosi al sindacato, andava incontro a persecuzioni, sequestri, intimidazioni e minacce. Otto sindacalisti trovarono la morte.
E così, tra trasferimenti forzati, torture, fughe in altri paesi in cerca di asilo e omicidi, molti anni dopo a una mamma di Roma venne l'idea di portare la CocaCola in tavola, allietando il pranzo di tutta la famiglia. Scoprì un'altra importantissima formula, quella della felicità.

Martina Di Franco

giovedì 24 novembre 2011

Sogno un mondo migliore


Il mondo cambia. Continuamente. Sotto i nostri occhi.

Nello spazio e nel tempo, per costumi , azioni, ideali.
Per il fatto stesso che le persone sono diverse tra loro, ed esse stesse individualmente cambiano, anche il mondo cambia.
Nel corso della storia è spesso accaduto che, in un gruppo di persone, alcune emergano sulle altre spiccando per abilità, intraprendenza, fortuna, astuzia, carisma. Il più delle volte anche per malizia e mancanza di scrupoli. Poiché è noto che l’alterigia irretisce spesso e volentieri l’animo delle persone che più di altre hanno influenza in una società, non è raro che queste riescano a modellare l’ambiente in cui si muovono secondo i loro interessi, senza tenere conto delle esigenze degli “altri”, i “non eletti”.
Data la ragione degli squilibri del mondo, è naturale che i “non eletti” si ribellino alla vita che gli “eletti” hanno stabilito a tavolino per loro, o che hanno causato indirettamente, senza preoccuparsi del posto che gli “altri” avrebbero occupato nella nuova società.
Gli eletti hanno sempre cercato di nascondere il naturale corso degli eventi, che loro hanno deviato, confondendo gli altri con secoli di consuetudini, luoghi comuni e pregiudizi, che di fatto hanno ristretto il loro immaginario all’idea di un mondo eternamente uguale per natura o per volontà divina, che è impossibile e forse anche sbagliato cambiare.
Ciononostante esistono ancora delle persone che superano questa cortina di fumo e lottano affinché il mondo non degeneri. Dei modelli esemplari in questo campo possono essere trovati nella storia recente in figure come Gandhi, Martin Luther King, Nelson Mandela.
È chiaro che non si tratta di casi isolati; sono molte le persone che lottano tutte insieme dietro un’unica immagine, sia essa un’organizzazione, un ideale o un leader. Un uomo, da solo, non potrebbe farsi carico di un cambiamento, per ragioni diverse: innanzitutto per i limiti fisiologici entro cui l’uomo è costretto a operare; poi perché un cambiamento, affinché risulti concreto, deve essere condiviso dalla sensibilità di un gruppo che si mostri desideroso del cambiamento; infine perché la concezione umana del mondo è limitata, e un uomo non può avere singolarmente la presunzione di operare un cambiamento che sia giusto sotto tutti i punti di vista, o i suoi sforzi potrebbero costituire un’imposizione, o peggio, essere considerati opera di un pazzo rivoluzionario.
La storia c’insegna che le utopie anacronistiche di cambiamento non hanno futuro perché non sono supportate da un sentimento di rivalsa che nasca dal basso.
Nell’eterna attesa di questo sentimento, tuttavia, c’è chi non si stanca mai di sognare un cambiamento: nessun cambiamento, in effetti, è mai avvenuto senza essere prima stato sognato. Così io sogno ancora un mondo diverso, nella speranza che un sentimento nasca, e un progresso, seppur lento e irrilevante, prenda piede sin da adesso.
Progresso, questo, che sia un progresso dell’uomo, non della scienza, o dell’ economia, o di quella che viene oggi detta “civiltà”, poiché di questi tempi dovremmo ormai aver imparato che, come ci ricorda Manzoni, «non sempre quello che viene dopo è progresso».
Sogno il mondo e lo sogno per me stesso, per coloro che amo, per coloro che, prima ancora di conoscerli, stimo già in quanto uomini. Ho fiducia nell’uomo che verrà, nell’uomo per come domani potrebbe essere, ho fiducia nel suo cambiamento e nel suo desiderio di cambiare; ma per assecondare questo desiderio devo avere fiducia nell’uomo com’è adesso, avido, cieco, indifferente, poiché solo dall’oggi nasce il domani, e questo è l’uomo oggi.
Chi sa che tra le pagine di libri sepolti, dietro gli occhiali scuri di chi ha paura, oltre la rete del pregiudizio, fuori dagli argini dell’ignoranza, l’uomo non rivaluti un giorno la sua grandezza per scoprire che la bellezza del mondo gli appartiene, e che non ci sono “eletti” e “non eletti”, galantuomini e mascalzoni, ma uomini: angeli dormienti in involucri piombo che un giorno ritroveranno la loro via per il cielo.

Gabriele Pulvirenti

lunedì 21 novembre 2011

Sono passate tre settimane da quando l'ho scritto.
Prima era semplicemente una bozza nascosta.
Oggi l'ho reso visibile subito dopo l'assemblea.
Il mio primo messaggio per voi. Scritto esattamente  ‎lunedì ‎31 ‎ottobre ‎2011...


(:






Questo è un altro di quei fogli che credici o no, sono capaci di salvarti la vita. Mi rifugerò qui, quando la gente inizierà a scrutarmi, e quando poi mi mancherà il respiro.
E in questo caso si parla di me, si parla di un foglio virtuale, si parla di un bianco che sento l’esigenza di colorare, si tratta di un giorno che sento l’esigenza di vivere.
Si tratta di una voce che per un giorno voglio far sentire, e non solo dietro la musica, come sono abituata a fare. Si tratta di idee.
E le idee, grazie a Dio, non muoiono. E se oggi queste idee dovessero ricevere un’altra porta in faccia, se si dispiacessero dopo quest’incontro con la realtà, se dovessero  far dietrofront, e rifugiarsi ancora nella mia testa ed attendere forse un altro anno, forse un’altra vita, prima di prendere ancora un po’ d’aria, in ogni caso, queste idee non moriranno.
Se oggi io le trascrivo, le incido, come si fa con la musica, come si fa con una tela, su questo foglio bianco queste idee non saranno più soltanto mie, saranno tue, saranno vostre, e continueranno a prendere un po’ di fiato, nelle vostre menti, nei vostri cuori, nella vostra speranza.
Perché anch’io ci spero.

In quanti siamo a sperarci quest’anno? Una ventina? Una trentina?
E una ventina, una trentina di persone quest’anno ti chiedono di ascoltarle, ti chiedono fiducia. E tu, che ne conosci qualcuna, o non ne conosci nessuna, sai già che sarà come ogni altro anno. Ascolterai qualcuno, e poi aspetterai impazientemente che tacciano, che la giornata finisca. E quando poi  ti chiederanno ti dar conto di ciò che hai ascoltato, tu penserai solo che è soltanto un’altra stupida crocetta.
Quanti stupidi disegni tracci ogni anno? Ti chiedono troppe cose. Che tacciano.
Questa non ti cambierà la vita, non è il tuo compito di chimica, non è il tuo test d’ammissione all’università, non sono i tuoi esami di abilitazione.
E vorrei star qui a dirti che non è così, che hai torto, e che sei un cittadino, uhm, diciamo meglio studente, irresponsabile, che ha una voce, e che deve farla sentire tramite la sua stupida crocetta.
Ma se anche io scrivo col senno di poi, penso col senno di poi, vivo col senno di poi, sperando che non sia così, e sperando che non tanto una mia crocetta quanto delle mie parole reali, dei progetti reali, delle promesse reali, possano davvero prender voce, possano davvero arrivare a qualcuno, io che certezze dovrei dare a te? Chi sono io per giudicarti?
Ed è questo su cui si fonda la democrazia.
Ed è questo che vacilla.
Non è il popolo che si arrende al potere, ma è il potere che si arrende al popolo.
E sono quelle “stupide” crocette che ci sottomettono.
La frittata si è ribaltata. Non chiedermi poi tante certezze, non chiedermi promesse. Tu in questo momento vali molto di più di quanto possa valere io.
Chi deve adesso offre certezze? Siete voi.  Siete voi che vi offrite certezze. Siete voi le vostre stesse credenziali: siete voi che scegliete adesso chi può rappresentarvi, chi vi rappresenta davvero.
E adesso, adesso che ti ho offerto il coltello dalla parte del manico, perché salvare proprio me? Saremo una ventina, una trentina.
E ci saranno come minimo 19, o 29 buoni motivi per votare qualcun altro, e non solo 19 o 29 buoni motivi per non votare me.
E se tutti si stanno prodigando, a cercar grandi idee, a promettersi in virtù, in prerogative, in qualità, io posso dirti soltanto che le idee mi hanno già trovata, e che mi trovano ogni mattina sul volto di qualche ginnasiale, o di qualche liceale in uno di quei giorni in cui smetto, per caso, di concentrarmi sulle mie scarpe e decido di guardarmi un po’ attorno.
E queste idee allora, appartengono a me quanto a voi, e se voi oggi o domani, o in un futuro, mi annuirete, smetterò di prendermi per folle,e  dirò che il Gulli c’è. Perché il Gulli c’è sempre da qualche parte.
E non pretendo niente da voi, anzi. Perché dovreste fidarmi di me? Ci sono miliardi di motivi che potrebbero farvi fare una scelta contraria.
Ci sono notti in cui non dormo, ( tipo questa) e conseguenti giorni di semi-isteria.
Ci sono notti in cui dormo troppo, e la mattina in perenne ritardo, sono di un rilassato assurdo. E solitamente dimentico anche l’astuccio. ( Ecco, questo è un buon motivo per il quale i miei compagni di banco potrebbero non votarmi).
 Non sono perfetta, e per quanto abbia momenti di perfezionismo cronico, non ho quella perfetta immagine, da perfetto aspirante alla rappresentanza d’istituto.
 Non promuovo alcun evento mondano, come feste di inizio scuola, di fine, di mezzo, di Natale, di Pasqua, per Santa Venera, e sì, tutte quelle che vengono sponsorizzate sui nostri cancelli. Sarà che non sono il tipo da evento mondano.
Sono eccessivamente critica nei confronti di me stessa, forse qualche volta eccessivamente orgogliosa di provenire dal classico, e spesso spero in disinfestazioni improvvise. ( Uhm, non è mai accaduto da quando ho iniziato a sperarci)
E se questo non ti basta, pensa che anch’io ho creduto in Babbo Natale, fino ai 4, forse 6 anni.
Fidati, la tua coscienza non ti accuserà se accanto al nome Carastro non segnerai una x. Con quest’ultima motivazione poi, nessuno potrebbe pretendere nulla.
Però, se ci vuoi provare,  sappi che almeno una buona motivazione c’è.
Io lo VOGLIO.
No, non vorrei. Io lo Voglio. Io vorrei svegliarmi e dire che niente è stato perso, che quella scuola c’è, c’è sempre stata, unita non solo durante le proteste.
E potrei scrivere un poema, e qualcuno mi chiederà di arrivare al punto.
Passiamo al punto, allora.
Il mio settore d’impegno è il sociale.
Cosa varrebbe avere un’enorme scuola che funzioni, se socialmente la scuola non è altro che un edificio?
Non avrebbe alcun valore.
Ed io oggi non sto qui a prometterti banchi nuovi, pavimenti nuovi, e nuovi edifici. Perché quella è la prassi. Sono promesse sottointese. Certo è una prassi relativa, promesse relative, diritti che spesso vengono negati, ma mi sono chiesta cos’è che ricorderò davvero di questi anni. Ed è la gente che ricorderò
Ed è dalla gente che bisogna ripartire.
Diverse promesse oggi m’appaiono ovvie, eppure diversi sono i candidati validi con delle nuove idee, con un nuovo entusiasmo, con nuovi propositi. E tra di loro, sgomitando, mi faccio spazio anche io per portare avanti una nuova idea, sollecitando nuove voci e nuova gente. Tra candidati che gridano ed altri che borbottano, io sussurro e vi chiedo, ve lo chiedo di nuovo, se questa è una scuola o soltanto una struttura. Se ogni mattina, quando vi svegliate, l’immagine gigantesca del Gulli si evoca, e se, sinceramente, non sempre vi attrae.
Se vi siete mai guardati attorno, ed eravate soli. Eravate soli in mezzo a gente, vista chissà quante volte, ma estranea, e vi sentivate soli perché non vi bastava, perché avevate bisogno di altre spalle, di altre braccia, di altre voci, non di voci lontane che magari volevate ascoltare e perché volevate delle nuove risposte.
Io vi rispondo così: oggi con un blog, domani forse una casella di posta, dopodomani, beh, dopodomani un responso sarà già arrivato. Saranno bacheche, saranno sollecitazioni, saranno sorrisi.
E spero non semplicemente beffardi.
Voi dettate, io scrivo.
Scrivetemi adesso.
Contribuite anche voi a questa nuova armonia. Rompete le righe.

Chiara Carastro

sabato 19 novembre 2011

Oggi, all'assemblea, ho visto moltissimo disinteresse, e mi ha stupito e deluso. Oggi molti hanno parlato della poca informazione, ma quando l'interesse non c'è, cosa si può fare? Anche questo blog, si riempirà lentamente, ma spero che un giorno sarà davvero pieno di pensieri, opinioni; spero ci saranno tutti i semi dei nostri pensieri, ogni piccola idea che faccia riflettere, fiorendo. Perciò grazie per averlo fondato, ora non ci resta che sperare ed impegnarci tantissimo. Come le bacheche di carta che dovrebbe adottare la nostra scuola: forse non si riempiranno in fretta di pensieri, ma dopo un po' ne saranno pieni. E sarà bello vedere tutte le emozioni degli studenti insieme, e sarà ancora più bello notare che non hanno in comune solo la scuola, ma il modo di pensare, le speranze, il futuro. Abbiamo in comune un futuro e lo stanno minacciando, dovremmo difenderlo insieme! E insieme lo faremo, grazie a chi ci si impegna. Bel lavoro, ragazzi, quel poco fatto finora, e sono sicuro che un bel lavoro sarà veramente fra poco. Coloriamo i fogli vuoti, non esistono gomme per i nostri pensieri!

Anna Barbagallo

Gothique et Montparnasse

Big brother's watching you !
War is peace, slavery is freedom, ignorance is strength!

Miriam Altawil

" 'cause all of the stars are fading away.
Just try not to worry, you'll see them some day!"

Miriam Altawil

Pensieri di passaggio...

( Pensieri che restano. Devono restare.)




Appare chiara oggi la condizione sociale degli animi di questo popolo: in parte non sa più a cosa credere,  si lascia abbandonare al calore del Sole di cui gode in questa situazione, e forse crede che giungerà un tramonto e dunque, una fine.
E se tutto ciò fosse un giorno boreale? Di quelli che durano mesi e mesi? Per quanto potranno resistere coloro che si lasciano abbandonare a questo sole cocente? Non molto.
Ci fanno l'anestesia, o forse ce la facciamo da soli, addormentando le nostre voci ... Ma fino a quando? Prima o poi ci sarà un inevitabile risveglio ... Eccetto per coloro che hanno deciso di anestetizzare la volontà e, con essa, la turbolenza interiore e poi, forse, annientare tutto.


Da un sms di Mariangela Mirabella.

venerdì 18 novembre 2011

Il ragazzo e il contadino

« A fare il contadino, in campagna, uno si fa delle certezze: il sole sorge sempre, e sempre da levante. Dopo l’estate c’è sempre l’inverno, e dopo l’inverno sempre l’estate.»
« Si, questo lo so anch’io; ma ci sono molte cose di cui non puoi essere certo: il cattivo raccolto, per esempio? come fai a sapere che il tuo lavoro darà un buon raccolto, e che la tua non sarà stata tutta fatica sprecata?»
« Non posso saperlo. Ma anche quella è certezza. Certezza che il mio lavoro non è tutto, che io non posso sempre tutto ciò che voglio. È l’umiltà, questa. Me l’ha insegnata l’inverno rigido, l’estate sterile. Ed è una certezza, l’umiltà. Certezza di essere uomini. La natura c’insegna. Dopo il cattivo raccolto, prima o poi ce n’è uno migliore. Quello che posso fare è lavorare perché un raccolto migliore venga un giorno. La fatica può non dar frutti, ma solo dalla fatica vengono i frutti, questo so.»
« Io non ho imparato la stessa lezione; mi han detto che i frutti vengono da soli… o non vengono, e questo vedo nel mondo intorno a me»
« Guardami. Pensi che i frutti che ho raccolto nella mia vita siano venuti da soli, che siano caduti dal cielo?»
« Questo io vedo nel mio mondo; forse quando tu eri giovane il mondo era diverso, non era così guasto; ma ora è proprio marcio, e tutti ci marciscono dentro»
« Perché dici questo? Cosa ti ha fatto il mondo?»
« Cosa non mi ha fatto il mondo… non mi ha dato una famiglia accogliente; non mi ha dato un amico sincero; non mi ha fatto come volevo»
« Cioè come? Più forte? più intelligente?»
« Beh, si… insomma, anche; più bello, non so… più simpatico, ecco; e magari più ricco…e un po’ felice, almeno; invece sono povero, triste e solo; non sono utile a nessuno; non c’è niente che desideri fare»
« Non hai delle certezze, non ce le hai perché nessuno mai te le ha date. Il lavoro dà certezza. Il dovere dà certezza. E fare il proprio dovere.»
« Non parlarmi di doveri; io non ho obblighi nei confronti di questo mondo di merda; non devo niente a nessuno; questo solo almeno ce l’ho: sono libero, posso almeno fare quel che mi pare»
« Il lavoro ti fa sapere chi sei. Ti dà certezza, perché ti lega a qualcosa: io sono legato alla mia terra, perché la lavoro e me ne prendo cura. Infatti sono un contadino. Tu chi sei, che sei sciolto dai doveri?»
« Sono un ragazzo »
«Sarai sempre solo un ragazzo, finché non ti darai dei doveri.»
« Non ti credo… e poi a me sta bene di essere un ragazzo; perché dovrei essere un contadino, come te? perché dovrei essere qualcos’altro? sono un ragazzo; quello che mi serve sono i soldi, e per i soldi non funziona più così, si possono fare i soldi anche senza sgobbare dalla mattina alla sera»
«Io sgobbo dalla mattina alla sera, come dici tu, per avere quel poco che mi basta per vivere. Ma io so chi sono: sono un contadino. Ho dei punti fermi. Quando avrai ottenuto tutti i soldi che vuoi senza lavorare, tu chi sarai
« Sarò molto più di quanto sono adesso, naturalmente… e molto più di quanto tu possa mai essere con il tuo lavoro da quattro soldi: sarò un ragazzo ricco, e ricco sfondato»
«No: sarai sempre solo un ragazzo. E in più sarai ricco, triste e solo.»

Gabriele Pulvirenti
Mi sento in dovere di riproporvi la tavola di " The free bitch".






Ed una curiosità: qualcuno di voi ha vissuto un qualche rimpianto per la decisione presa?
( per chi non avesse letto il post precendente la decisione in questione è l'aver scelto il Liceo Classico)

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Questa che trovate a lato è l'ultima tavola ( cioè una pagina di fumetto) che ho fatto...
Sappiatelo, non lo dico per presunzione ma, io amo e me la cavo piuttosto bene a disegnare. Ho sempre amato disegnare sin da quando ero piccolo: tant'è che rammento pure che i miei pennarelli, alle elementari,si seccavano anzi tempo per quanto coloravo. La mia passione è continuata... e anche alle medie ho sempre disegnato... ma non sapevo nemmeno come si dovesse iniziare a fare una pagina di fumetto ( si, sapevo disegnare, ed ero bravo, prendevo voti altissimi voti in arte, disegno pratico intendo, ma solo per quanto concerneva il disegno libero su fogli, ma quanto al fumetto non sapevo creare una tavola, "non ci sapeva mentiri manu", come diremmo in siciliano). Fino a quando un giorno venni a conoscenza di una scuola di fumetto, pittura e comunque disegno in generale, che decisi di frequentare. Già dalla prima lezione rimasi affascinato e incantato da quel posto: lo ritenevo bellissimo, il prof e i compagni erano alquanto simpatici, mi facevano tanto ridere anche perchè si prendevano, scherzando ovviamente, sempre in giro,e desideravo ogni volta che ogni giornata non finisse ... :) ... I was so starstruck... tutto bello fino a qui ...
Ma poi dovetti andare a liceo e decisi di frequentare il liceo classico in quanto in questo c'erano meno ore di materie matematico-scientiche rispetto che in tutte le altre scuole...Wonderful :D ... ma..non l'avessi mai fatto! A causa degli studi dovetti abbandonare la scuola di disegno, che per me era un posto salvifico, e andando in scuole differenti, io e la migliore amica(compagna delle scuole medie), una persona a me tantissimo cara,che amavo quasi fosse una mia parente, ci perdemmo... Ho vissuto i miei quattordici anni al liceo classico Gulli & Pennisi: l'anno più brutto della mia vita (e da quel momento continuò così): sommate la perdita di questi due pilastri della mia vita agli studi super mega pesantissimi di questo fottutissimo liceo ed ad un altro fatto che però voglio tralasciare … Il tempo passava, ma comunque i primi anni amavo ancora disegnare e facevo qualche disegno fugace tra uno spazio bianco dei libri e l'altro,ma col passare degli anni vi giuro, il fatto di dover vivere solo per lo studio mi ha fatto perdere tutti i sentimenti: ero una persona sensibile una volta, ma ora non lo sono più, questo stato di apatia in cui sono entrato mi ha fatto passare la voglia di tutto, persino di disegnare che si può dire che era ciò di cui vivevo una volta...
E gli anni passarono e sono arrivato al 2° liceo.. Quest'estate ho cercato di risanare il rapporto con la mia ex migliore amica e ho cercato pure di ritornare ad amare il disegno ritornando in quella famosa scuola di disegno, ma niente, chicos, vi giuro, io già alla prima lezione non vedevo l'ora che finisse la giornata e per giunta ho chiesto di poter andarmene prima per prendere l'autobus( ah le mie bugie!) Niente, non c'è modo di farmi ritornare ad amare il disegno...e ne soffro, soffro pure la mia perdita dei sentimenti ed anche il fatto che con gioisco più come una volta con questa mia amica, con la quale vivevo il culmine della gioia, nessuno mi faceva divertire come lei...ultimamente ho fatto questa tavola che vedete, la guardo a volte mentre ripeto e dico: <<oh che bella!>>, ma finisce qua..di disegnare non se ne parla...questo fottutissimo liceo mi ha rovinato la vita... L'unica ragione per cui io non ho cambiato scuola era perché se l'avessi fatto non avrei ricevuto un'ottima educazione come quella che ricevo ora...in questo modo non avrei conosciuto Catullo o Petrarca, che sono i poeti che fino ad ora io amo e stimo di più, ma solo ultimamente a volte mi viene di pensare che me ne sbatto.. Adesso, vorrei tornare ad avere 13 anni per scegliere l'artistico, seppur consapevole che in quel modo avrei una cultura inferiore dal punto di vista letterario. A me adesso piace la letteratura, ma se potessi tornare indietro non farei la stessa scelta, anche se non dovessi "conoscere" Catullo.

The free bitch


At night when the stars light on my room,
 I sit by myself talking to the moon,
 tryin’ to get to you.
 In hopes you’re on the other side talking to me too,
Oh, am I a fool who sits alone talking to the moon?
Monica Puglisi

La crisi italiana siamo noi!

Ecco dove sta il problema. Ecco cosa bisogna affrontare.
Non è solo il denaro ad ucciderci giorno dopo giorno, non sono solo i politici ad essere più corrotti che mai, non sono solo le istituzioni a non funzionare. Uno dei tanti problemi siamo noi, noi giovani che ,prendendo come modelli uomini o donne eticamente scorretti, ci adattiamo alla società pensando di essere il futuro e in realtà non lo siamo. Non lo siamo perchè la morale (ormai essere disintegrato) ci ha ridotti talmente male che non siamo in grado di scegliere tra bene e male e , cosa ancora più grave, non siamo in grado di capire cosa essi siano. Se nella storia essi sono stati discussione di tante correnti filosofiche e tanti uomini hanno cercato di comprendere quali siano i fines bonorum et malorum , oggi, l'uomo, si trova più che mai estremamente SOLO. I giovani sono in balia di uomini che non rappresentano di certo il bene e che riescono a persuaderli a fare ciò che essi desiderano. Un Catilina si aggira tra la nostra ormai sfinita Italia. Ed è in questa situazione tragica che il problema principale diveniamo noi, spauriti,insicuri,dispersi, e come tante pecore in un gregge, non facciamo altro che seguire la mandria di animali che si aggira per le strade.
Io credo che per fare un'Italia migliore occorre che voi tutti che leggete vi distinguiate dalla massa e imponiate la vostra personalità in modo da creare un paese MIGLIORE.


Mariacristina Leonardi

mercoledì 16 novembre 2011

Prima la musica e poi le parole...



Tu prova ad avere un mondo nel cuore
e non riesci ad esprimerlo con le parole,

e la luce del giorno si divide la piazza
tra un villaggio che ride e te, lo scemo, che passa,
e neppure la notte ti lascia da solo:
gli altri sognan se stessi e tu sogni di loro...
E se anche tu andresti a cercare
le parole sicure per farti ascoltare:
per stupire mezz'ora basta un libro di storia,
io cercai di imparare la Treccani a memoria,
e dopo maiale, Majakowsky, malfatto,
continuarono gli altri fino a leggermi matto.


E senza sapere a chi dovessi la vita
in un manicomio io l'ho restituita:
qui sulla collina dormo malvolentieri
eppure c'è luce ormai nei miei pensieri,
qui nella penombra ora invento parole
ma rimpiango una luce, la luce del sole.


C.